E’ la notte tra il 23 e 24 febbraio 2022 quando, pochi minuti prima delle 5, il presidente russo Vladimir Putin, annuncia l’inizio di un’operazione militare speciale per “demilitarizzare e denazificare” l’Ucraina. E’ l’inizio della guerra.
Un anno di morte, migrazioni forzate e devastazione ambientale. Ad oggi si conta una carneficina di 110 mila vittime soltanto da parte Ucraina, di cui quasi 10 mila tra i civili. 8.087.952 persone costrette a fuggire dall’Ucraina nel resto dell’Europa.
I danni ambientali del conflitto, difficilmente quantificabili, sono stimati a 1,24 milioni di riserve naturali colpiti, 3 milioni di ettari di mentre altri 450 mila sono territorio occupato o di combattimento.
Un anno in cui abbiamo assistito ad un fortissimo pressione mediatica che ha impedito l’emergere della verità e di possibili soluzioni del conflitto al di là di posizionamenti preconfezionati. Un dibattito che fin da subito ha impedito una critica all’uso della violenza su scala globale, oscurando sistematicamente la presenza dei conflitti già in corso: Siria, Libia, Afghanistan, Iraq, sono soltanto alcuni degli epicentri di instabilità geopolitica oggi attivi, nei quali anche il nostro paese ed i suoi “alleati” hanno una responsabilità.
Un anno che ha accelerato l’economia di guerra in tutto l’Occidente, con un aumento di ottocento milioni in armamenti soltanto nell’ultima finanziaria. Economia di guerra che sta causando l’innalzamento drammatico del costo e della vita a causa dell’inflazione, quindi della povertà e delle diseguaglianze sociali ed economiche in tutta Europa e nel mondo, portando a rischio di povertà estrema 141 milioni di persone in tutto il globo principalmente in conseguenza della crisi del mercato energetico e alimentare.
In tutto questo piegando ancora di più i luoghi della formazione alle aziende produttrici di armi e i nostri territori alla presenza di basi e impianti militari.
La guerra in Ucraina, oggi non accenna a finire e anzi le possibilità di pace sembrano allontanarsi ogni giorni di più, la comunità internazionale continua ad alimentare la dinamica dell’odio, della contrapposizione, invece di lavorare ad una risoluzione pacifica del conflitto.
Da subito abbiamo visto il sistematico silenziamento delle voci pacifiste, additata ad utopistiche, fuori dal mondo, o peggio, di essere dalla parte di Putin.
Come giovani sappiamo invece che la pace non è solo la risposta necessaria per un futuro degno, ma una prospettiva concreta nel momento in cui i bisogni economici vengono messi in secondo piano di fronte alla vita, alla pace, all’ambiente.
Come studenti rivendichiamo il ruolo centrale della conoscenza e dei luoghi della formazione nel contrasto all’ideologia della violenza e alla creazione di una cultura della pace e del disarmo, svelando nel modello patriarcale e capitalista la matrice comune di ogni conflitto.
Continueremo a lottare per la pace a partire dalle nostre città, dalle scuole e dalle Univerisità, per la costruzione di presidi di pace, ovunque.