La sentenza del Consiglio di Stato, che prevede l’ingresso in sovrannumero degli specializzandi ricorsisti, ma senza borsa, è l’ennesimo attacco gravissimo mosso al diritto alla formazione dei medici. Permettere cioè che nei reparti, a svolgere le stesse mansioni (che comunque espongono gli specializzandi ad un notevole rischio lavorativo), ci siano due figure differenti, una con lo stipendio (e la previdenza), e l’altra senza, apre la strada ad una pericolosissima deriva. Quella del medico non è una vocazione, è una professione, da svolgere con passione ma anche da retribuire in base al carico di lavoro svolto.
I problemi creati dal MIUR con lo scorso concorso di ottobre 2014 si risolvono in un unico modo, aumentando il numero di borse tramite un finanziamento adeguato non solo alla formazione dei medici, ma alle necessità del nostro sistema sanitario. La strada non può assolutamente essere quella tracciata da questa sentenza