Il film con Banfi: cosa ha previsto - Screenshot Youtube Vieni avanti cretino - linkcoordinamentouniversitario.it
Il film di Lino Banfi Vieni avanti cretino fa ridere a crepapelle, ma dice qualcosa di più serio tra battute a ripetizione.
Era il 1982, un anno che resterà impresso nella memoria di molti con la vittoria dell’Italia di Bearzot nei Mondiali di calcio in Spagna, un evento atteso da decine di anni e festeggiato da milioni di tifosi nelle strade. Si usciva da un decennio difficile per andare verso il disimpegno e la leggerezza, almeno secondo alcuni. Nel cinema si avviava verso il tramonto la commedia all’italiana, travolta dal trash e dalle commedie sexy e scollacciate.
Ma ancora qualche perla della grande stagione passata brillava e si distingueva per ironia e intelligenza. Un esempio è Vieni avanti cretino, interpretato da Lino Banfi in grandissima forma e girato da uno dei maestri di quel genere, Luciano Salce, regista di film che coglievano con ironia tagliente e disincantata i difetti del paese, dal Federale a La voglia matta, da Fantozzi al Secondo tragico Fantozzi.
La traccia narrativa del film è semplice: Pasquale Baudaffi, detenuto appena uscito dal carcere romano di Regina Coeli, prova a reinserirsi nella società cercando un lavoro e una casa con l’aiuto del cugino Gaetano, interpretato da Franco Bracardi, ma i risultati saranno disastrosi e al tempo stesso esilaranti.
Il canovaccio è quello della tradizione dell’avanspettacolo tra battute e doppi sensi, con il povero Pasquale Baudaffi vittima più o meno inconsapevole del fato, ma soprattutto di soprusi e angherie al punto da non riuscire a trovare una collocazione dignitosa. Barista, cantante, garagista, guardacaccia, i suoi tentativi sono una catena di fallimenti comici quanto inevitabili, considerando i pregiudizi e la sfortuna che perseguitano il protagonista.
E poi l’ultimo tentativo, impiegato in un’improbabile azienda elettronica dove viene assunto per eseguire una serie di procedure nevrotiche e ripetitive, sempre più incalzanti. La sua soddisfazione è il nostro miglior premio, questa è la frase che il direttore, pieno di tic, smorfie e assurdi vocalizzi, rivolge al neoassunto in un contesto gentile e accogliente, ma al tempo stesso alienante e sempre più insistente.
Alla fine dello sketch, Baudaffi è diventato come il suo direttore, pieno di tic e movimenti nevrotici, una specie di pupazzo ridicolo piuttosto che un lavoratore, sommerso da messaggi, notifiche, luci, segnali, avvisi, pulsanti e bottoni da premere sempre più velocemente. Vi ricorda qualcosa? Chissà se Salce e Banfi pensavano che il mondo del lavoro dopo 40 anni sarebbe diventato così: fallimenti e soluzioni nevrotiche, alla mercè di computer e attività ipercinetiche. Ma in questo caso, c’è poco da ridere.
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