Sommare due pensioni ed ottenerle entrambe: ecco in quale caso è possibile, chi può avanzare la domanda e quale procedura seguire.
Non è una circostanza rara quella di lavoratrici e lavoratori italiani che abbiano prestato servizi professionali tanto in patria quanto all’estero. Ed è bene tenere a mente che tra il nostro Paese e numerosi altri Stati esistono cosiddetti regimi di convenzione internazionale che consentono di “totalizzare” i contributi versati, sommando tutti quelli spettanti ai fini del trattamento pensionistico da ottenere di diritto al termine dell’esperienza lavorativa.
Ad esempio, ammontano a svariate migliaia gli italiani che hanno prestato lavoro presso la confinante Svizzera, o ancora in Germania, Francia ed altri Stati membri dell’Unione Europea. Ogni Paese ha regole di sicurezza sociale proprie e possono variare anche in modo particolarmente significativo.
Inoltre, il fenomeno di allocazione di lavoratrici e lavoratori italiani presso sedi estere è sempre più frequente: dunque occorre comprendere la natura di queste regole, spesso invece ignorate dagli stessi professionisti, in modo da poterle rivendicare ai fini pensionistici a tempo debito. Partiamo dunque dall’esplicitare un principio generale: il lavoro prestato all’estero nonché i contributi derivanti versati spettano di diritto a lavoratrici e lavoratori.
In altre parole, non vengono perduti, bensì si accumulano ai fini pensionistici. Tuttavia, dobbiamo tenere conto di un aspetto fondamentale: ogni Paese prevede un requisito minimo contributivo al fine di maturare le spettanze di tipo pensionistico. Facciamo un esempio concreto per capire meglio.
Pensione italiana più pensione estera: quando è possibile sommarle e come
Poniamo il caso di chi ha lavorato in Germania: ebbene, come dicevamo anche l’ordinamento tedesco prevede specifici periodi minimi di contribuzione per ottenere il diritto alla pensione, i quali variano da un minimo di 5 ad un massimo di 45 anni. Inoltre, il requisito contributivo minimo subisce variazioni in base a specifiche condizioni personali dei lavoratori, come l’aver effettuato un lavoro usurante, il sussistere di una condizione specifica di invalidità, l’imprevista perdita di capacità lavorativa e simili.
Dunque, una volta verificate le normative vigenti nei Paesi presso cui si è prestato lavoro nonché i regimi di convenzione che intercorrono tra essi, se viene appurato il diritto alla pensione nei rispettivi Stati ecco che si può presentare domanda alla cassa previdenziale di riferimento. In Italia è l’INPS, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, al quale è possibile richiedere qualsiasi informazione circa i regimi di convenzione internazionale in essere. In Germania, invece, è il Deutsche Rentenverischerung.
I lavoratori italiani giunti all’età di 66 anni possono quindi rivolgersi all’INPS per totalizzare i contributi versati. L’Istituto calcola le spettanze sulla base del sistema contributivo ed i versamenti effettuati tanto in Italia quanto – nel nostro esempio – in Germania, vengono quindi sommati ai fini del diritto pensionistico.
Tuttavia, i lavoratori dovranno rivolgersi anche al Deutsche Rentenverischerung per richiedere la prestazione, calcolata anch’essa sulla base del sistema contributivo. Per maggiori approfondimenti, è consigliabile rivolgersi alle casse previdenziali dei Paesi di riferimento.