Alcune persone si domandano se possono chiedere la Naspi in caso di dimissioni. Ecco cosa dice la legge al riguardo.
La Naspi è un’indennità mensile riconosciuta ai lavoratori disoccupati che hanno interrotto un rapporto di lavoro subordinato. L’importo è erogato in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria, verificatesi a partire dal primo maggio 2015.
Il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione spetta a partire dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. L’importo è corrisposto mensilmente e corrisponde al numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive versate negli ultimi 4 anni. Affinché un lavoratore dipendente possa ricevere l’indennità di disoccupazione è necessario che sussistano determinate condizioni. È possibile ricevere l’indennità in caso di dimissioni?
Naspi e dimissioni: ecco cosa dice la legge
Siamo abituati a pensare che l’indennità di disoccupazione spetti ai lavoratori subordinati che cessano il rapporto di lavoro, purché siano stati licenziati. Tuttavia la disciplina che regolamenta la Naspi stabilisce che l’indennità erogata dall’INPS spetta al lavoratore, quando la cessazione del rapporto subordinato non dipende dalla volontà dello stesso.
In parole povere: se il lavoratore si dimette in maniera volontaria non può accedere all’indennità di disoccupazione. Ma anche in questo caso, la legge prevede delle eccezioni particolari. Tutti i lavoratori disoccupati a causa di procedure di licenziamento collettivo hanno diritto a percepire la Naspi. Lo stesso diritto vale anche per la cessazione del rapporto di lavoro in seguito a scadenza contrattuale o quando il datore di lavoro il dipendente si accordano per la risoluzione consensuale.
Infine, il lavoratore dipendente può accedere alla Naspi anche in caso di dimissioni per giusta causa oppure sopravvenute durante il periodo coperto da maternità obbligatoria. Tuttavia, non sempre le dimissioni per giusta causa danno diritto all’indennità. Per poter percepire la Naspi, infatti, è necessario che le dimissioni per giusta causa derivino da situazioni che pregiudicano la possibilità di proseguire il rapporto di lavoro subordinato.
Questo è il caso del lavoratore a cui per diversi mesi non viene versato lo stipendio. Oppure in caso di mancato pagamento dei contributi previdenziali obbligatori da parte del datore di lavoro. O ancora, per gravi cause come: molestie, mobbing, cambio di mansioni con peggioramenti evidenti per il lavoratore, ingiurie e demansionamenti ingiustificati.
Queste situazioni sono considerate valide motivazioni di dimissioni volontarie per giusta causa, con il conseguente diritto ad accedere all’indennità di disoccupazione mensile. La procedura per le dimissioni per giusta causa sono uguali a quelle volontarie classiche e prevedono l’utilizzo del sito servizio.lavoro.gov.it.