Cambia tutto sul fronte delle pensioni? La novità interessa i trattamenti pensionistici anticipati e non è di poco conto. I dettagli
Tanto si è parlato negli ultimi mesi dei possibili interventi del governo sul fronte delle pensioni. La riforma è stata rimandata a data a da destinarsi a causa dell’attuale impossibilità di destinare risorse ad un intervento strutturale, pertanto l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di concentrarsi sui trattamenti pensionistici anticipati.
E nella Manovra economica approvata nel corso del mese di ottobre sono state evidenziate le novità in tal senso: la ‘sostituzione’ delle misure attualmente in vigore ovvero Ape sociale, Opzione Donna e Quota 103 con uno strumento unico, un apposito fondo che diventerà lo strumento unico di flessibilità in uscita.
Dunque se nulla cambia dal punto di vista delle pensioni classiche, ci sono novità per quanto concerne l’uscita anticipata. Che dovrebbe allargarsi ad un numero maggiore di contribuenti ma con anzianità contributiva variabile che potrebbe partire dai 36 anni arrivando fino a 41. Di fatto quello che cambierà sarà la soglia anagrafica minima di pensionamento: ad oggi con Quota 103 si poteva uscire dal lavoro a 62 anni, con la nuova Quota 104 l’età passerà a 63 anni. Questo includerà anche le categorie, ad oggi poche, che potevano contare su Opzione Donna per interrompere l’attività lavorativa a 60 oppure nel caso di uno figlio o di più figli a 59 o 58 anni.
Si tratta dunque di una trasformazione radicale, a meno che l’esecutivo non faccia alcuni passi indietro in extremis ripristinando determinate misure. Tornando all’anzianità contributiva essa dovrebbe essere di 36 anni per gli uomini disoccupati o attivi in lavori gravosi/usuranti oltre che per invalidi e caregiver. Di 35 anni per le donne e di 41 anni per la restante ampia fetta di lavoratori. Secondo quanto si apprende chi dovesse decidere di rimanere al lavoro e non usufruire della possibilità di uscita anticipata potrebbe beneficiare di una serie di ‘bonus’, grazie ad una sorta di riadattamento del Bonus Maroni ovvero dell’applicazione di un sistema di premialità che accompagnerà questo nuovo meccanismo.
Nei fatti potrebbe essere lasciata la trattenuta contributiva, pari al 9,19% in busta paga consentendo ai lavoratori di ricevere uno stipendio più alto. D’altro canto potrebbe essere previsto anche un sistema di penalizzazione qualora si intenda interrompere il lavoro in leggero anticipo rispetto a quanto previsto. Potrebbe trattarsi di una sorta di limite alla misura massima della pensione in vigore fino a quando verranno raggiunti i requisiti per la pensione di vecchiaia. Tutto è ancora suscettibile di variazioni poiché solo quando la manovra arriverà al testo finale, quello da presentare in Parlamento e da votare, le misure potranno essere considerate definitive.
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