La staffetta generazionale è la misura con cui il Governo farà l’interesse dei lavoratori prossimi alla pensione.
Nelle aziende che contano molti dipendenti, ognuno di loro svolge una mansione specifica e possiede molte conoscenze acquisite in anni di studi ma, soprattutto, grazie all’esperienza acquisita svolgendo per anni lo stesso lavoro.
Questo significa ovviamente che un nuovo assunto impiegherà molto tempo prima di raggiungere le competenze necessarie a sostituire la persona al cui posto è stato assunto.
Per questo motivo, in tutte le aziende del mondo, i nuovi assunti seguono un periodo di affiancamento e formazione, cioè vengono affiancati da lavoratori più esperti che fungano da guide e referenti.
Il Governo Meloni ha deciso di introdurre una nuova misura che si inserisce proprio in questa nota dinamica di “passaggio di consegne” tra generazioni di lavoratori. L’obiettivo dichiarato è quello di sostenere i giovani nel delicato passaggio dell’inserimento sul lavoro. Ma, a ben guardare, sembra l’ennesima manovra destinata a sostenere il reddito di persone appartenenti a generazioni che hanno già goduto di molti privilegi, soprattutto pensionistici.
Il ministro Urso ha spiegato che, questa nuova norma che agisce sul ricambio generazionale del mondo del lavoro, era presente all’interno del DDL Made In Italy ma è stata poi eliminata. Questo perché il Governo non aveva trovato le risorse economiche necessarie alla sua introduzione. La staffetta generazionale, però, potrebbe ora essere inserita nella Legge di Bilancio.
L’idea è che un pensionato possa essere richiamato in servizio dall’azienda per la quale ha lavorato con la mansione di consulente alla formazione, a patto però che non sia andato in pensione da più di due anni.
Se il pensionato fosse “fuori dai giochi” da più tempo, infatti, potrebbe non essere aggiornato sulle ultime novità tecniche e procedurali introdotte dalla sua azienda e, ovviamente, il suo contributo alla formazione delle nuove leve potrebbe non essere così efficace.
I pensionati richiamati potranno svolgere per un massimo di due anni attività di tutoraggio nei confronti di nuovi assunti a tempo indeterminato che abbiano un massimo di 30 o 35 anni.
Naturalmente, i pensionati saranno pagati per l’attività svolta a beneficio dell’azienda, quindi di fatto otterranno un compenso aggiuntivo alla pensione che sarà pagato dallo Stato (ed è per questo che l’introduzione di questa misura ha bisogno di fondi economici ingenti). Infine, solo le aziende con almeno 50 dipendenti potranno richiedere il tutoraggio da parte di ex dipendenti pensionati. La misura non sarà quindi attuabile per le micro realtà aziendali.
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