La pensione di reversibilità spetta anche ai figli della persona defunta? E in che misura? Ecco tutte le risposte.
Uno dei temi “caldi” di questi ultimi mesi è stato sicuramente quello delle pensioni. Tra riforme, proroghe, rinvii, proposte, emendamenti, il cantiere pensionistico è stato in piena attività, in vista della presentazione della nuova Legge di Bilancio. Un aspetto di cui si parla poco è l’accesso alla pensione di reversibilità, e in particolare quella da genitore a figlio. Vediamo insieme quando e come si ha diritto alla prestazione.
Ricordiamo innanzitutto che la pensione di reversibilità è erogata dall’Inps ai familiari del pensionato deceduto e corrisponde a una parte dell’assegno percepito da quest’ultimo, variabile in base al grado di parentela.
La “gerarchia” è la seguente: coniuge, figli minorenni, figli fino a 21 anni (solo se studenti per l’intera durata del corso legale), figli fino a 26 anni (solo se frequentano l’università e non prestano regolarmente lavoro retribuito); figli maggiorenni inabili, genitori inabili, genitori over 65, fratelli celibi e sorelle nubili e permanentemente inabili già a carico del pensionato. Nel dettaglio, come funziona per i figli?
Tutte le novità sul fronte della pensione di reversibilità
In quali percentuali la reversibilità spetta ai figli? Dipende dalle circostanze. Se il coniuge del pensionato defunto è deceduto, mancante o si è risposato, la pensione di reversibilità spetta al figlio al 70%, ove sussistano i requisiti amministrativi o sanitari di cui sopra. Se i figli sono due, hanno diritto a una reversibilità all’80%, mentre se sono tre o più in misura piena (100%).
In presenza di un coniuge superstite, invece, ogni figlio ha diritto al 20% di reversibilità. Le legge assegna l’80% della pensione di reversibilità al coniuge con un solo figlio (60% al primo, 20% al secondo) e il 100% se i figli a carico sono due o più. In ogni caso, come accennato, la reversibilità viene revocata nel momento in cui il figlio compie – a seconda dei casi – 18, 21 o 26 anni.
Per quanto concerne lo stato di inabilità, se venisse meno (o se venisse meno il requisito di “figlio inabile a carico”), anche il diritto alla pensione di reversibilità andrebbe perso. Da evidenziare che lo stato di inabilità del figlio deve sussistere al momento della morte del genitore: eventuali peggioramenti dello stato di salute in una fase successiva non influiscono sulla pensione di reversibilità.
Mentre l’attività lavorativa fino a 25 ore settimanali svolta con finalità terapeutica non è considerata rilevante ai fini del riconoscimento della prestazione. Per il resto, va tenuto presente che la pensione di reversibilità viene pagata ogni mese per 13 mensilità (la tredicesima è corrisposta a dicembre).
A ben vedere, i titolari di pensione di reversibilità hanno diritto anche alla quattordicesima (corrisposta a luglio) se hanno almeno 64 anni e rispettano i limiti di reddito previsti. La domanda va presentata sul sito dell’Inps entro 10 anni dal decesso del pensionato: oltre questo termine, il diritto alla reversibilità viene meno.