Una ferita ancora aperta, la scomparsa ha lasciato nella vita di Giorgio Panariello un vuoto incolmabile. Ancora oggi cerca giustizia
A giugno scorso era stato il quotidiano La Nazione a diffondere la notizia del coinvolgimento di un perito richiesta dalla Corte d’Appello di Firenze per approfondire le cause della morte. Giorgio Panariello non se n’è fatto ancora una ragione, era una delle persone centrali all’interno della sua esistenza. Ha raccontato la sua storia e il loro rapporto anche nel suo fortunato libro Io sono mio fratello.
L’intenzione del libro era quella di fornire un “aiuto alle persone che hanno a che fare con ragazzi difficili”, come aveva sottolineato lo stesso attore in un intervento a Da noi… a ruota libera. “Si capiva il disagio. Se un ragazzo arriva alla tossicodipendenza, c’è sempre un motivo. Non si nasce così. Tutti quanti, io per primo, capivamo perché era così”, aveva aggiunto.
Giorgio Panariello, è ancora mistero sulla morte del fratello Francesco
Abbandonati dai genitori, Giorgio Panariello e il fratello Francesco sono cresciuti uno con i nonni l’altro insieme a un’altra famiglia. Quest’ultimo visse per un lungo periodo in collegio prima di ritrovare i parenti, un’esperienza che lo segnò nel profondo, tanto che qualche tempo dopo si rivolse alla droga per lenire le ferite. Cercò in tutti i modi di uscirne, più tardi, entrando nella celebre comunità di San Patrignano e successivamente in quella di don Mazzi.
Il tragico epilogo risale al 26 dicembre del 2011, quando a 51 anni viene ritrovato senza vita, in un’aiuola sulla Terrazza della Repubblica a Viareggio. La sua morte è ancora avvolta dal mistero, pare che la sera prima avesse partecipato a una festa a Pietrasanta poi il malore e l’intervento dei soccorsi.
Il tentativo dei paramedici di rianimarlo fu inutile, insieme a lui c’erano anche i tre amici finiti a processo per omissione di soccorso: sembra che quella notte davanti a loro si sia iniettato un potente antidepressivo, il bupropione.
L’assunzione del farmaco sarebbe stata fatale per l’uomo, tuttavia una chiamata tempestiva al 118 avrebbe potuto salvargli la vita. Due degli imputati hanno ottenuto il patteggiamento, il terzo è condannato in Primo Grado e in Appello e ha fatto ricorso in Cassazione tramite il suo legale. Ora il giudizio definitivo spetta alla Corte d’Appello di Firenze ed è anche per questo motivo è stata chiesta un perizia accurata.