Brutte notizie per gli italiani, il taglio del cuneo sembra essere giunto al capolinea, lasciando spazio a una domanda preoccupante: gli stipendi saranno destinati a scivolare sempre più in basso?
Il governo Meloni ha deliberato di destinare una parte considerevole delle risorse finanziarie previste dalla legge di bilancio 2023 a due importanti iniziative per il 2024: la riduzione del carico fiscale per i lavoratori con redditi inferiori a 35mila euro e la revisione dell’Irpef, riducendo i suoi scaglioni da quattro a tre. Queste azioni avranno validità solamente per l’anno in corso, richiedendo nuove risorse per eventuali estensioni nel 2025.
La Banca d’Italia ha pubblicato la sua relazione annuale, esaminando l’impatto delle nuove politiche fiscali, incluso il bonus mamme, una misura che riduce i contributi previdenziali per specifiche categorie di lavoratrici. L’analisi ha rivelato che tali iniziative hanno mediamente aumentato il reddito disponibile delle famiglie italiane dell’1,5% nel 2024. In particolare, il taglio del carico fiscale e il bonus mamme contribuiscono all’1%, mentre la revisione dell’Irpef porta a un aumento dello 0,5%.
Il carico fiscale rappresenta la percentuale del salario lordo destinata ai contributi previdenziali. Con il nuovo provvedimento, per i lavoratori con redditi fino a 25mila euro, la percentuale di contribuzione è ridotta di 7 punti percentuali, consentendo così una maggiore disponibilità economica nelle buste paga. Per redditi compresi tra 25mila e 35mila euro, la riduzione è di 6 punti percentuali, determinando un aumento netto mensile che oscilla tra i 60 e i 100 euro.
La Banca d’Italia ha evidenziato che le famiglie con un solo lavoratore a reddito medio-basso e quelle con due lavoratori nelle medesime condizioni hanno beneficiato maggiormente delle nuove misure, con un aumento del reddito disponibile che può arrivare fino al 2,4%. Ma ci sono delle criticità per coloro che si trovano vicino alle soglie di reddito previste dalle misure: guadagnare leggermente di più potrebbe comportare un aumento sproporzionato delle imposte e dei contributi, riducendo effettivamente il reddito netto disponibile.
Nel corso del 2024, la riduzione del carico contributivo ha comportato un costo significativo per le finanze pubbliche, pari a 10,70 miliardi di euro, finanziati attraverso l’indebitamento. Anche la revisione dell’Irpef, in scadenza entro l’anno, ha comportato un costo di 615 milioni, anch’essi coperti tramite il deficit. Il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha sottolineato che la proroga del taglio al carico fiscale per il 2025 sarà una priorità nella prossima legge di Bilancio.
Con l’imminente arrivo della comunicazione da Bruxelles, prevista per il 19 giugno, che annuncerà l’avvio di una procedura di infrazione per eccessivo debito pubblico, il governo sarà costretto a ridurre il debito di 10 miliardi di euro l’anno per sette anni. Ciò rende improbabile il ricorso al deficit per finanziare ulteriori proroghe.
La possibilità che gli stipendi diminuiscano a partire dal 2025 è molto concreta. Nonostante le buone intenzioni del governo, le risorse economiche sono limitate.
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