Se ti mancano pochi anni alla pensione ma non ne puoi più, scopri come funziona il versamento volontario dei contributi mancanti
Ad oggi, in Italia, per andare in pensione bisogna avere almeno 60 anni e si deve aver versato i contributi per almeno 20 anni. Questo vale per ottenere la pensione di vecchiaia, che però può essere sostituita da diverse forme di pensionamento anticipato: rientrano in questo caso la quota 103, l’APE volontario o sociale, l’anticipata della legge Fornero, Opzione donna o l’anticipata per lavori usuranti. C’è però un altro caso, che è quello del versamento dei contributi mancanti da parte del pensionato stesso: ecco come funziona.
A partire dal 2019, in Italia per ottenere la pensione di vecchiaia si devono avere almeno 67 anni e bisogna aver versato i contributi previdenziali per almeno vent’anni. Sono però validi, in questo calcolo, eventuali accrediti gratuiti del servizio militare, la maternità o i riscatti di laurea. Nel caso in cui, però, un lavoratore voglia andare in pensione prima del raggiungimento dei vent’anni di contributi e gliene manchino un po’, può versarli di tasca propria: ecco cosa bisogna sapere in merito.
In pensione versando i contributi mancanti: ecco come funziona
In linea generale, in Italia è possibile andare in pensione prima del tempo, purché si continui a versare (di tasca propria) la quantità di contributi previdenziali che manca al raggiungimento minimo previsto dalla legge. C’è però una regola da rispettare: tali contributi non possono essere versati in un’unica soluzione, ecco perché e quindi come si deve fare.
Secondo la normativa, chi va in pensione pur non avendo maturato i vent’anni di contributi, deve continuare a versarli di tasca propria trimestre per trimestre: se quindi al raggiungimento dei vent’anni mancano, per esempio, quattro anni, allora si dovrà pagare per tutti e quattro gli anni, di tre mesi in tre mesi.
L’unico modo per versarli in una quota unica è quello del riscatto: se si hanno anni di studio universitario alle spalle, per esempio, li si può pagare e quindi valorizzare ai fini pensionistici in un’unica soluzione. La motivazione è chiara: di fatto, poiché i contributi da versare personalmente si riferiscono ad anni che sarebbero stati lavorativi, non si può in un solo anno versare quelli riferiti a tutti gli anni successivi, che devono ancora arrivare. Al contrario, invece, sono validi i riscatti poiché si riferiscono a periodi del passato, non coperti da contribuzione.