Addirittura 337 euro in più spesi al mese. Ecco la spada di Damocle che pende sulla testa degli italiani. Le ultime stime
Negli ultimi anni il carovita ha indicato l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, creando difficoltà finanziarie per le famiglie e riducendo il loro potere d’acquisto. Tanti tra noi sono rimasti fiaccati dall’inflazione galoppante vissuta dal nostro Paese, fin dagli anni della pandemia da Covid-19. In particolare, c’è qualcosa che può costarci 4.000. Ecco come difenderci.
Le cause del carovita possono essere molteplici e complesse. Tra queste, l’inflazione, che rappresenta l’incremento generalizzato dei prezzi dei beni e dei servizi, gioca un ruolo significativo. Inoltre, fattori come la speculazione, l’aumento dei costi di produzione e distribuzione, nonché eventi esterni come disastri naturali o crisi geopolitiche, possono contribuire all’incremento dei prezzi.
L’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità colpisce principalmente le famiglie a basso reddito, che destinano una parte maggiore del proprio budget alla spesa alimentare e per gli altri beni essenziali. Ciò può portare a una diminuzione del tenore di vita, con conseguente aumento della povertà e dell’insicurezza alimentare.
4.000 euro a carico
Dal punto di vista economico, il carovita può influenzare l’inflazione complessiva, ridurre il potere d’acquisto della popolazione e rallentare la crescita economica. Inoltre, può minare la fiducia dei consumatori nel mercato e nel governo, generando instabilità sociale e politica.
Le ultime autorevoli stime, che arrivano dalla Cgia di Mestre, ci dicono che, a causa del carovita e dell’inflazione che ha eroso e sta erodendo il nostro potere d’acquisto, abbiamo speso oltre 4.000 euro in più tra il 2021 e il 2023. La spesa annuale delle famiglie in termini correnti nel 2021 ammontava a 21.873 euro, nel 2023 è salita fino a 25.913 euro (+18,5%). Parliamo di 337 euro in più al mese, che non sono affatto pochi.
Non c’è settore che non abbia fatto registrare enormi rincari e aumenti. Qualche esempio, sempre tratto dal report della Cgia di Mestre: prezzi dei biglietti aerei (+106,1%), bollette di luce (+93,1%) e gas (+62,5%). Ma anche i prodotti alimentari, che poi sono anche beni di prima necessità: zucchero (61,7%), riso (+48,2%), olio di oliva (45,5%), latte a lunga conservazione (+37,4%) e burro (+37%).
Insomma, tempi duri per gli italiani. Anche se va detto che il 2024 iniziato da poco più di un mese e mezzo sembra portare, incredibilmente, qualche buona notizia. Gli analisti, infatti, ci dicono che il peggio potrebbe essere alle spalle e che l’inflazione potrebbe rallentare, assestandosi sotto il 2%, che sarebbe un gran risultato, se confrontato ai dati che abbiamo appena snocciolato. Staremo a vedere.