Mi chiamo Sara, ho 22 anni. #Iovoglio fare l’insegnante!
Sto per laurearmi in triennale in Storia. Ho sempre voluto diventare insegnante; nonostante in Italia sia una delle professioni più dequalificate, per me rimane il mestiere più bello al mondo. Ogni volta che parlo con qualcuno del perché ho scelto questa facoltà, mi prendono sempre per pazza e un po’ lo capisco, perché oggi la strada per diventare insegnante è fra le più lunghe, impervie e meno redditizie. Lo stipendio medio di un insegnante è fra i più bassi in Europa (a parità di ore di lavoro) e spesso non è sufficiente neanche per mantenere una famiglia, a dispetto di chi prova a dipingere la loro condizione come privilegiata.
Per diventare insegnante in Italia la trafila è lunghissima. Il problema più grosso, specie per noi che stiamo ancora studiando, è che le regole per ottenere l’abilitazione all’insegnamento cambiano in continuazione e puntualmente il nuovo sistema che entra in vigore non funziona e genera una marea di situazioni differenti che vanno a ingolfare qualsiasi tentativo di regolarizzare le assunzioni.
Da qualche anno hanno introdotto i Tirocini Formativi Attivi (TFA), corsi a numero chiuso post lauream, dal costo esorbitante (più di 2000 euro per tutti, a prescindere dalle proprie condizioni di reddito), organizzati malissimo dalle università e per nulla formativi.
Adesso il Governo Renzi vuole di nuovo cambiare questo sistema e attivarne un altro: nel testo della “Buona Scuola” è prevista infatti l’eliminazione dei TFA e l’introduzione a partire dal 2016 di corsi di laurea magistrali specifici per chi vuole insegnare, a numero chiuso. Non è stato mai spiegato dalla Ministra o dal Governo in che modo questi corsi verranno attivati e dove si trovano le risorse (ad oggi nessun Ateneo sarebbe in grado di garantire l’apertura di tutti questi nuovi corsi di laurea), quel che è certo è che il Tfa non ci sarà più.
Io fra qualche mese mi laureo alla triennale e non ho idea di cosa mi converrebbe fare dopo. Se iscrivermi subito a una magistrale normale, con il rischio di scoprire dopo che con quella non potrò mai insegnare o se aspettare che vengano attivate queste magistrali e rimanere un anno e mezzo ferma in attesa che questi nuovi corsi partano. A quello che mi aspetterà dopo aver finalmente ottenuto quest’abilitazione, non voglio neanche pensarci! Ne ho sentite fin troppe di storie di precari rimasti tali per decenni, costretti a spostarsi da una parte all’altra dell’Italia per ottenere una cattedra e senza alcuna possibilità di prevedere quando verranno stabilizzati, che mi viene l’ansia solo a immaginare di fare la stessa fine.
Eppure, io voglio insegnare. Quando leggo delle classi pollaio con 30 alunni, quando sento parlare di dispersione scolastica, quando scopri che più di uno studente su due non riesce a comprendere un testo di media difficoltà e che l’analfabetismo di ritorno sta diventando una piaga per questo Paese, non riesco proprio ad accettare l’idea che esista tutto questo bisogno di nuove forze nella scuola e tutta questa precarietà e disoccupazione per chi vorrebbe farlo. Forse il problema è che la programmazione delle assunzioni viene fatta da anni non sulla base di quello di cui ci sarebbe bisogno, ma delle risorse a disposizione dello Stato. E lo sappiamo tutti che l’Italia è fanalino di coda in Europa per investimenti in istruzione e ricerca.
Il 14 Novembre incrocerò le braccia anche io e scenderò in piazza non solo perché io voglio insegnare, ma anche e soprattutto perché sono convinta che il nostro Paese meriti un sistema scolastico differente.
Sara