Oggi, 27 maggio, tra le 7 e le 8 di mattina, sono iniziate le operazioni per lo sgombero dell’Acampada Bcn.
Appena uscita dalla metro, diretta a studiare a Plaza Universitat, ho capito tutto. Le strade tutt’intorno alla piazza erano bloccate da una trenita di camionette dei mossos, l’unico suono costante era quello dell’elicottero che sorvolava la piazza mentre in sottofondo si sentivano urli, fischi, cori. Mi avvicino e vedo ragazzi e ragazze feriti…e penso ai manganelli. Piangono, un pó per il dolore fisico un pó per quello che sta succedendo alla loro piazza, alla piazza liberata e libera, nella quale si sognava un Paese diverso, un Mondo diverso.
Catalunya è completamente circondata, un gruppo di acampados è intrappolato dentro senza poter far altro che stare seduti e cantare insieme alle centinaia di persone che piano piano stanno arrivando per sostenerli e per liberare la piazza dai mossos.
Ci sono giovani e meno giovani, tutti assieme a difendere ció che hanno partecipato a costruire piú o meno attivamente. Ci sono ragazze che distribuiscono fiori di tutti i colori in giro per la piazza mentre la folla intona “el pueblo unido jamas será vencido”. A distruggere quello che è stato costruito non ci vorrá molto: la limpieza urbana sta buttando via tutto. Cartelli, gazebi, striscioni, pentole…poco importa il significato di tutto questo per le persone che la piazza l’hanno costruita, l’hanno vissuta. La gente osserva, indignata. Una portinaia di un palazzo, che poco prima mi aveva salvata da una carica, mi chiede perchè la polizia stia facendo tutto questo…si tratta di una manifestazione pacifica dopo tutto. Ma la politica qui ha deciso di non ascoltare, e con la scusa della partita del Barça domani e di pulizia cittadina, è di nuovo stata cieca e sorda.
Ma come diceva un anziano signore argentino lunedí, possono distruggere l’acampada dal punto di vista materiale, ma non potranno mai portarci via le emozioni che abbiamo provato, l’amore che si è venuto a creare tra lepersone, il senso di lotta comune. Una ragazza mi porge un fiore urlando “mas integración, menos represión”, mentre in sottofondo si sentono le sirene. Ha un sorriso stampato in faccia, mi giro e rigiro e vedo mille volti sorridenti e decisi a riconquistare la loro piazza, fino alla fine, coscienti di aver vissuto un momento storico per la Spagna, ma che non finirá, non oggi, non cosí. Con il passare delle ore la gente aumenta, i turisti si guardano intorno un pó spaventati un pó incuriositi. Alcuni domandano che cosa sta succedendo, alcune persone con calma rispondono, spiegano.
E’ bello vedere i vecchietti discutere: una signora poco piú giovane di mia nonna difende l’acampada dagli attacchi di un’altro che attacca i manifestanti. Li difende, ci difende, perchè sa che le uniche cose che vuole la piazza sono lavoro, una vita degna e non precaria, democrazia. Vergogna è la parola che si sente di piú, vergogna nei confronti dei mossos e di quella classe dirigente che ha deciso di calpestare il proprio pueblo e il diritto a manifestare e a indignarsi. Verso le 11,30 comincia a fare caldo. Passano bottiglie d’acqua tra la folla e i passanti aiutano con quello che hanno: bottigliette mezze piene, succhi di frutta, sigarette, qualche cosa da mangiare.
Ormai in piazza non c’è piú nulla. Resiste solo l’ultimo gazebo e los luchadores y las luchadoras all’interno della piazza che sostengono un paio di cartelli: “power to the people”, “la plaza es del pueblo”.
La polizia si muove da una parte all’altra, sembra nervosa, ma la plaza e gli indignados non si arrendono. Passa un volantino dove si convoca una concetrazione alle 19 e si denuncia la violenza spropositata utilizzata dai mossos contro la protesta non violenta attuata dai manifestanti, in linea e coorente con la protesta portata avanti fino ad oggi.
“Questa è la vostra democrazia” urlano le persone quando ormai dentro è tutto distrutto, ma nessuno fa un passo indietro le voci si alzano. Alcune persone provano a superare i cordoni della polizia ma la risposta sono stati i manganelli. Partano fischi, cori, vengono lanciati fiori e volantini. Come risposta alla violenza dei mossos la folla risponde senza muoversi e portando le braccia al cielo. Si avanza sempre con le mani alzate e intonando “No violenza”. Risposta: ancora manganelli. Ci si siede a terra. C’è un papá con un neonato nel marsupio. Dopo le cariche fa qualche passo indietro ma non se ne va. Si sentono gli spari delle balas de goma sparate dai mossos, per quanto questa mattina avessero dichiarato che non le avrebbero utilizzate. Le botte continuano e la risposta è sempre la stessa…no violenza. Nel frattenpo il team legale gira da un lato all’altro della piazza. Tra le mani di tutti passa un foglietto con il numero… oggi non è un bene aver lasciato il cellulare a casa. Sparano le balas de goma per far spostare i raggazzi ancora nel centro della piazza: 4, 5, 6, 7 volte. Sono tutti con le mani alzate e non si muovono. Tutti gli occhi sono puntati verso la piazza. I manifestanti riescono a rompere i cordoni e a entrare nella piazza mentre i mossos continuano a sparare le balas. La piazza é invasa. La polizia é costretta a retrocedere, l’elicottero si abbassa tantissimo quasi come volesse sparare i lacrimogeni, ma non accade (dopo sono venuta a scoprire che in Catalunya non utilizzano i lacrimogeni per paura delle allergie!!). Le persone intanto festeggiano, si abbracciano, cantano, suonano e aspettano. Aspettano che la polizia se ne vada definitivamente, che si arrenda alle centinaia di persone che in maniera del tutto pacifica e non violenta hanno riconquistato la piazza, la loro piazza. Si comincia immendiatamente a recuperare il recuperabile, tutto ció che è rimasto dopo l’operazione limpieza: cartelli, manifesti, le piantine dell’orto, teloni.
Ma la polizia sfortunatamente non molla. Ricominciano gli spari, si sentono le sirene. Passono una decina di camionette una di seguito all’altra . Non è ancora finita, un orrore. Un orrore per questa violenza gratuita e inaudita, orrore per una politica (destra e sinistra vanno a braccetto su questo) che permette tutto questo, che al posto di ascoltare reprime, ferisce, a volte uccide. Sono dei criminali, e dei peggiori. In pieno centro, in mezzo a una massa di turisti di tutte le nazionalitá, due vigili urbani vengono circondati dalla folla: “fascisti, fascisti” gridano. Due minuti dopo sembra essere tornato tutto alla normalitá. C’è silenzio: nessun elicottero, nessuna sirena, nessuno sparo.
In piazza si parla di circa 50 feriti, la violenza attuata dalle forze dell’ordine è stata spaventosa. Ma un altro mondo è possibile e oggi è stato dimostrato!!!
Sara Cagliero – studentessa di scienze politiche di Torino in erasmus a Barcellona