In un paese che vede le prospettive future lacerate, la strategia elettorale scelta sembra
essere quella di resa alla precarietà e di riduzione delle aspettative: non interventi strutturali,
non ragionamenti sul sistema economico-sociale, non riflessioni sulla filiera formativa; la
condanna di un Paese che con certezza sarà un posto peggiore dopo il 25 settembre.
Nonostante ci siano delle necessità e delle priorità molto evidenti su cui serve agire in ottica
sistemica, le parti politiche hanno scelto di mettere al centro del dibattito volti invece che
proposte: posizionamenti strumentali, beghe di partito, personalismi al limite della maschera
teatrale, nulla che riguardi, dunque, le esigenze reali del paese.
Perché, in fondo, l’unica domanda che ci si dovrebbe porre è: “Di cosa ci stiamo
dimenticando mentre sui social ci attacchiamo a vicenda, mentre strumentalizziamo, tra un
palco e l’altro, questa o quell’altra affermazione del nostro rivale?”
Ci stiamo dimenticando del 9,4% della popolazione che vive sotto la soglia di povertà, del
12,7% di giovani che non hanno proseguito gli studi dopo la licenza media, degli studenti che
ogni giorno muoiono di alternanza scuola-lavoro, di un sistema produttivo che sta portando il
Pianeta al collasso, del tasso del 24,2% di disoccupazione giovanile.
Ci stiamo dimenticando che la politica dovrebbe tendere al miglioramento delle vite delle
persone e della collettività tutta: non è uno spettacolo televisivo e nemmeno un reel di
Instagram, non si basa sull’onda emotiva di quella o quell’altra tifoseria; dopo quasi tre anni
di Pandemia, un collasso climatico già in atto, una guerra vicinissima ai nostri confini, una
crisi energetica, l’inflazione galoppante e un recessione, era un imperativo ridiscutere del
modello di sviluppo, di misure per arginare la precarietà, di approvvigionamento energetico,
di contrasto alla povertà e di politiche giovanili.
Non sentirsi rappresentati in quelle briciole di programma che provano a tracciare i confini
sbiaditi del nostro futuro è tutto sommato una conseguenza facile da prevedere, specie
quando la normalizzazione dell’emergenza e delle crisi all’interno delle quali siamo cresciuti
ci ha abituati da diverso tempo a contenere le nostre aspettative, o a non avere la pretesa di
rivendicare migliori condizioni per la nostra realizzazione personale e collettiva.
In un sistema mercificante e che mette in vetrina solo i “migliori”, perché l’effetto del sistema
meritocratico non è il premiare i pochi ma lo svantaggiare i più, anche i diritti devono essere
“conquistati”, perfino il diritto al voto, il diritto allo studio, il diritto alla cittadinanza, il diritto alla
pari dignità sociale.
Tutti d’accordo che ci siano problemi strutturali, nessuno disposto a presentare soluzioni
collettive, radicali, rispondenti.
E l’Università? L’università è il grande assente dai dibattiti e dai talk show, continua ad
essere il fanalino di coda di tutte le politiche, nonostante in questa fase sia fondamentale
riportare l’istruzione, la cultura e la ricerca prioritariamente al centro delle strategie, per
uscire dall’impasse in cui siamo bloccati.
Il diritto allo studio universitario in Italia è tutt’altro che garantito: chi non parte da condizioni
economiche sufficientemente stabili si vede costretto a rinunciare alla formazione superiore.Le borse di studio continuano ad essere uno strumento insufficiente: oltre ad a basarsi su
criteri di assegnazione obsoleti, con una visione patriarcale e familistica della condizione
economica degli studenti, in quasi tutte le regioni italiane continua ad esistere la figura degli
idonei non beneficiari, ovvero studenti che avrebbero diritto ma che, per mancanza di fondi,
non avranno accesso.
L’investimento di 4.3 miliardi del PNRR su Università e Ricerca sarebbe dovuto essere più
mirato e strutturale: l’innalzamento delle soglie di accesso alle borse di studio e l’aumento
degli importi non è una vera risposta se poi il numero di beneficiari si riduce. Se contiamo
che regioni come la Toscana hanno stabilito un piano per azzerare i fondi regionali
sull’Università, che la Sardegna ha rischiato di non rinnovare migliaia di borse di studio, che
il Piemonte e la Puglia modificano gli importi per le mense, lo scenario appare quasi
pre-apocalittico.
Enormi criticità riguardano anche l’aumento del ruolo dei privati nell’edilizia universitaria.
L’attuale situazione condizione abitativa è insostenibile, con affitti sempre più alti nelle
principali città universitarie italiane, un altro limite fortissimo che spinge ogni anno migliaia di
studenti fuorisede a rinunciare all’iscrizione all’università semplicemente perché non hanno
trovato una stanza a un prezzo accessibile: gli studentati cadono a pezzi, molti vengono
chiusi, su 1793210 studenti universitari ci sono solo 39000 posti letto.
Da anni ribadiamo la necessità di tornare a investire sul diritto allo studio con l’obiettivo di
ridurre le diseguaglianze, ma l’attribuzione dei finanziamenti ai singoli atenei continua a
essere subordinata a logiche aziendalistiche che premiano le università che funzionano
come aziende, mettendo la produttività e gli interessi economici dei privati al centro.
L’ormai avviata aziendalizzazione della filiera formativa lascia segni evidenti nei tirocini, poco
professionalizzanti e poco formativi, tendenti allo sfruttamento: carenza di indirizzamento e
di tutele sul luogo di svolgimento, orari che si prolungano ad oltranza e poca formazione,
sembra quasi che l’obiettivo sia abituare alla precarietà.
Precarietà in cui continua a navigare anche il mondo della ricerca: nonostante la riforma del
preruolo apra al contratto di ricerca, che dovrebbe tendenzialmente sostituire l’assegno di
ricerca e definire un percorso più tutelante per dottorandi, l’introduzione di un tetto di spesa
pone tutta una serie di criticità che potrebbero precarizzare ancora di più!
In un’università orientata alla competizione e in cui gli studenti sono costretti a lottare giorno
per giorno per la possibilità di proseguire i propri studi, non ci stupiscono i dati sempre più
preoccupanti sull’abbandono e sul benessere psicologico: non servono soluzioni palliative,
temporanee, non incentrate ad un cambio radicale dei meccanismi escludenti, performativi e
competitivi del mondo dell’istruzione.
Ricordiamocelo, l’Università emancipa non esclude.
Le nostre vite non sono numeri, e non possono essere ridotte a tali: non si può continuare a
trascurare una discussione sempre più urgente sulla necessità di trasformare radicalmente il
sistema universitario che logora e consuma chi lo attraversa.
Che non accada mai più di leggere di studenti morti suicidi a causa di un sistema
universitario che schiaccia e limita, che rende asfissiante la vita stessa.
In questa campagna elettorale avremmo voluto sentire parlare di diritto allo studio
corrispondente ai bisogni reali degli studenti, di rifinanziamento strutturale, di abolizione
delle diseguaglianze territoriali tra gli atenei, di ammodernamento degli spazi e dei metodididattici, di azzeramento del digital divide, di trasporto pubblico gratuito sicuro ed efficiente,
di tutto questo e di molto altro.
Ma se la volontà e l’interesse manca allora cosa fare?
Nel momento in cui la politica è per scelta sorda alle nostre condizioni, nel momento in cui le
nostre sofferenze e preoccupazioni non vivono di rappresentazione, nel momento in cui già
solo desiderare di sopravvivere all’emergenza climatica è troppo anticonformista, cosa fare?
Proprio per questo non possiamo esimerci da urlare più forte i nostri bisogni, da
rappresentarci in prima persona quando la politica non lo fa, indagando il bisogno,
costruendo proposta, realizzando il desiderio.
È arrivato il momento in cui non possiamo più aspettare che i nostri problemi vengano risolti.
E’ il momento di attivarsi, di scendere in campo, di discutere e costruire.
Qualunque sarà l’esito elettorale, dobbiamo essere noi a scrivere il nostro presente e a
decidere il nostro futuro.
L’università è fuori programma? Ora decidiamo noi!
LINK COORDINAMENTO UNIVERSITARIO
L’UNIVERSITÀ È FUORI PROGRAMMA: ORA DECIDIAMO NOI!
by LINK / Commenti disabilitati su L’UNIVERSITÀ È FUORI PROGRAMMA: ORA DECIDIAMO NOI! / 213 View / 21 Settembre 2022