Essere studenti vuole dire sempre somatizzare le problematiche del territorio in cui ha luogo il proprio processo formativo. Credere che la gestione della città in cui sorgono le Università del nostro paese sia un argomento da cui gli studenti debbano essere esclusi, è frutto delle più becere campagne di depoliticizzazione della nostra società, in cui il «dividi et impera» si è esteso dalle divisioni interne alle realtà sociali fino ai processi formativi, che permettono di produrre una società che non riesca a prospettarsi nient’altro se non il vuoto paradossalmente caotico che le viene porto dinanzi.
Il ruolo della formazione è quindi fondamentale per la sopravvivenza del sistema produttivo, non tanto perché dà gli strumenti alla futura classe dirigente, quanto perché ne blocca il potenziale in termini di opposizione che gli studenti più volte hanno dimostrato di possedere, a scanso di ogni blocco gli sia stato posto.
Studiare a Napoli significa tante cose, tra cui vivere le proprie giornate nella Terra dei Fuochi e al contempo tra una storia millenaria. Significa abitare nella città dell’inceneritore eppure camminare su strade costruite in epoca greca, studiare nella regione delle ecomafie mentre attraversi strade pullulanti di chiese e beni archeologici di secoli e secoli passati. Essere studente a Napoli significa studiare nelle università più antiche del mondo, quanto condividere una realtà dove i roghi tossici sono una consuetudine e non più un problema. Si parla di uno dei patrimoni culturali più importanti d’Europa lasciato a se stesso, tra rovine e interessi che non permettono che nulla cambi.
L’università deve avere il compito non solo di formare ed emancipare l’individuo, ma anche e soprattutto trasformare la società che viviamo, risolvendo i problemi che stanno distruggendo il nostro paese, e più che mai in Campania, i nostri territori.
Noi vogliamo cambiare la società, non vogliamo essere l’ennesimo strumento per reiterare l’interesse di pochi a scapito di molti, distruggendo vite, cancellando futuri. Noi vogliamo GRIDARLO FORTE che l’Università deve darci gli strumenti per cambiare il mondo in cui siamo immersi, permetterci di produrre idee di averse per una società diversa, per un nuovo senso di aggregazione sociale. Pretendiamo che l’Università smetta di avallare un sistema produttivo che ha distrutto la nostra terra, che smetta di uscire dal suo recinto di autoreferenzialità solo quando deve stringere accordi con gli Industriali, vogliamo che con gli studenti si proponga di creare cambiamento all’interno della società, ripensando totalmente il mondo in cui viviamo e iniziando dai problemi che in prima istanza viviamo sulla nostra pelle!
Vogliamo che gli studi giuridici smettano di appiattirsi su lezioni frontali e nozionistiche, incapaci di alzare la loro visione sulle emergenze sociali di cui alcuni territori sono colpiti. Vogliamo che gli studenti d’ingegneria studino come ripensare la produzione al di fuori dello sfruttamento materiale e immateriale delle persone, delle vite e dei territori, che riflettano sulle diverse modalità di smaltimento dei rifiuti, e non come costruire l’ennesimo inceneritore presentato come l’unica reale risoluzione al problema dei rifiuti e del loro smaltimento. Vogliamo che siano gli studenti di architettura, beni culturali, archeologia a ridare ai centri storici delle nostre città nuova luce, creando lavoro e investendo pubblicamente sul mantenimento del patrimonio artistico delle nostre città e che si attuino politiche di diffusione culturale reale, così che ogni cittadino sappia che cosa significa vivere in un centro perenne di arte, poesia, storia. Vogliamo che istituti del come quello degli Studi Filosofici di Napoli non rischi il fallimento e la chiusura, ormai spogliato dei libri riposti in capannoni in periferia e non consultabili: vogliamo che giovani studiosi di filosofia e di lettere animino questi centri e che ne rendano possibile il mantenimento e l’accesso a tutti. Vogliamo che nelle facoltà di economia si insegni un diverso modello di sviluppo, che costruisca un’uscita reale dalla crisi e non che riproduca costantemente le idee e i paradigmi di quel modello che ci ha portato alla catastrofe.
Vogliamo GRIDARLO FORTE che se l’Università continuerà ad essere il luogo sterile di riproduzione dell’attuale sistema produttive e non si interesserà del territorio su cui sorge, è morta nel suo senso più intimo. E noi siamo qui a gridarlo forte, e saremo lì a farlo fino a quando non ci ascolteranno!