È di qualche giorno fa lo schema di decreto per i criteri di ripartizione dell’FFO per l’anno 2017. La ministra Fedeli ha dichiarato in un comunicato che c’è stato un aumento del 0,9% sul totale e che grazie alla valorizzazione dell’autonomia responsabile, ci sarà una valutazione dinamica sulle politiche di reclutamento degli Atenei, basata sui dati dell’annualità precedente.
Come già evidenziato dal parere CUN, il primo di questi dati corrisponde di fatto ad un aumento solo nominale: nella realtà ci sono quasi 50 milioni di euro di tagli ai fondi direttamente gestiti dagli atenei statali (quota base, premiale, perequativo e programmazione triennale)
ASSOLUTI MLN € |
COSTO STANDARD | STORICO | PREM. | PEREQ. | TRIEN. | TOT |
2017 | 1.285 | 3.208 | 1.535 | 145 | 43 | 6.218 |
2016 | 1.282 | 3.297 | 1.433 | 195 | 56 | 6.263 |
DIFFERENZA | 2,8 | -88 | 102 | -50 | -12 | -45 |
Dalla tabella emergono alcune considerazioni fondamentali:
1)Rispetto all’anno scorso si registra una perdita di 47 milioni e 687 mila euro
2)La quota premiale aumenta la sua percentuale sul totale dei finanziamenti a discapito della quota storica, ridotta di 88 milioni di euro
3)Il fondo perequativo, essenziale per garantire una distribuzione equa che non penalizza soprattutto le università del sud, perde 50 milioni
Segnaliamo inoltre come si sia ridotta la clausola di salvaguardia da 2,25 a 2,5: in sostanza, insieme ai tagli del fondo perequativo, gli atenei potranno perdere più soldi rispetto all’anno precedente (rendendo sempre meno equa la distribuzione dei fondi).
Due domande vengono spontanee: dove sono finiti quei 45 milioni di euro? E perché nonostante tutto l’FFO totale è aumentato?
Lo vediamo dalla seconda tabella:
TOTALI (MLN €) | 2016 | % | 2017 | % |
COSTO STANDARD | 1.282 | 18,53 | 1.285 | 18,40 |
STORICO | 3.297 | 47,65 | 3.208 | 45,96 |
PREMIALE | 1.433 | 20,71 | 1.535 | 21,99 |
PEREQUATIVO | 195 | 2,82 | 145 | 2,08 |
TRIENNALE | 56 | 0,82 | 43 | 0,63 |
FONDI ISTITUZIONI SPECIALI | 99 | 1,44 | 97 | 1,40 |
TOT 1 | 6.363 | 92,00 | 6.315 | 90,46 |
ALTRI INTERVENTI | 455 | 6,59 | 568 | 8,14 |
TOT 2 | 6.919 | 6.981 |
La quota di “altri interventi”, diversi dai finanziamenti che ricevono per il loro funzionamento, sale dal 6,5% all’8%, in questa voce sono contenute, insieme ad altre aggiunte sparse, due novità principali:
1)55milioni di euro di copertura dei mancati introiti dovuti all’introduzione della No Tax Area (quindi non fondi aggiuntivi per gli atenei)
2)45milioni di euro del «Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca», trovata dell’ANVUR dello scorso anno per assegnare 3000 euro ai ricercatori e professori che ne fanno richiesta, la quale corrisponde perfettamente con il taglio effettuato sulle voci principali
Analizzando i dati, si nota inoltre un ulteriore aspetto. E’ ormai chiaro che il decreto sulle Linee generali d’indirizzo della programmazione delle Università 2016-2018 di agosto 2016 sia diventato carta straccia, considerando come da un lato (e quasi fortunatamente) non si rispettino le proporzioni predeterminate tra le diverse voci, come ad esempio per l’incidenza molto più bassa del costo standard sulla quota base, dall’altro anche gli importi assoluti, come nel caso dell’abbassamento della quota per la programmazione triennale ben al di sotto dei 50 milioni minimi programmati, siano del tutto disattesi.
In particolare sul costo standard le scelte operate risultano caratterizzate dalla più grande confusione. Si forza la mano al Parlamento con un decreto legge, su una materia che la sentenza 104 del 2017 della Corte Costituzionale ha chiarito essere riservata esclusivamente all’assemblea eletta dal popolo, e, contemporaneamente, si estendono i vecchi indicatori per un altro anno. Si crea così il risultato, sotto più aspetti discriminatorio, di non rispettare la propria programmazione ministeriale, utilizzare dati vecchi e applicare ancora per un anno criteri che il Parlamento ha già dichiarato iniqui, come il mancato computo degli studenti di un anno fuoricorso.
A far discutere però sono soprattutto gli indicatori utilizzati per la quota premiale. Errare è umano, perseverare è diabolico si direbbe, per diversi motivi:
1)Appare ridicolo l’utilizzo dell’indicatore IRFS per la ricerca, che insieme ad IRAS2 proviene dalla contestatissima VQR 2011-2014 e che non ha nulla di premiale riferendosi ad un’istantanea che non tiene conto dei risultati conseguiti da allora
2)I nuovi criteri per la valorizzazione dell’autonomia responsabile, oltre ad essere facilmente eludibili come dimostrava già ROARS, si inseriscono in un progetto di ultra competizione tra strutture che non provocherà miglioramenti ma guerra tra poveri (nel migliore dei casi). Inoltre sarà possibile per un ateneo essere valutato solo per la ricerca, facendo così sparire la didattica dal computo dei finanziamenti e quindi delle priorità degli Atenei.
In tutto questo, la distribuzione delle nuove assunzioni tra Atenei (attraverso la distribuzione dei Punti Organico) ha rimpiazzato mediamente solo il 80% dei pensionamenti, andando a ridurre ulteriormente il personale universitario, già ridotto del 20% dal 2010 ad oggi. La distribuzione di questi Punti Organico avviene seguendo indicatori di qualità dei bilanci, che penalizzano ancora una volta gli Atenei più in difficoltà e collocati in contesti socio-economici dove gli studenti non possono permettersi tasse troppo alte o la ricerca scientifica non ottiene finanziamenti privati. Si tratta degli stessi atenei che hanno visto ridurre maggiormente gli iscritti e i finanziamenti negli ultimi anni. Così, ci troviamo davanti una situazione a dir poco desolante: infatti, mentre al Nord vengono rimpiazzati l’87% dei pensionamenti, al centro la percentuale si abbassa al 77% e al Sud si arriva al 67% con gli Atenei di Lecce e Cassino fermi al 50%.
Crediamo in buona sostanza che nulla sia cambiato ma che anzi il peggio debba ancora venire: con questi decreti si praticano ulteriori gravissimi tagli “nascosti” col gioco delle tre carte attraverso l’inclusione nel conteggio totale i soldi della NO TAX AREA. Assistiamo non solo a manovre fumose e inutili ma a tagli consistenti che hanno il solo obiettivo di togliere sempre più centralità agli organi di ateneo e alle decisioni politiche che stanno in capo alle comunità accademiche. L’unico provvedimento di “visione” a cui assistiamo è un sostanziale decentramento dei luoghi della decisionalità nelle stanze sempre più remote del Ministero, e soprattutto dell’ANVUR, a discapito in particolar modo di quegli Atenei del sud che si ritroveranno sempre più “puniti” da questa finta premialità.