La CRUI è la Conferenza dei rettori delle università italiane, nasce come associazione privata delle università statali e non statali formalmente dal 1963. Nel tempo, però, ha acquisito un peso istituzionale e politico sempre maggiore, in particolare anche a causa dei reiterati auspici da parte della “lobby trasparente” TreeLLLe (nei fatti un “think tank”), che fin dal 2003 ha chiesto di “assumere la Conferenza dei rettori quale referente per la consultazione, il confronto e la verifica del consenso sulle più rilevanti scelte di governo del sistema”.
In realtà storicamente possiamo notare come la CRUI sia stata sede principale di interessi di parte dei rettori delle università italiane, impegnati o coinvolti a vario titolo nelle principali aziende italiane e non solo. Basti pensare ai vari accordi sottoscritti con Confindustria negli anni, o anche all’accordo firmato con la Fondazione Med-Or nel 2021 (del cui comitato scientifico fanno parte 17 rettori su 36 componenti), accordo per altro nato su iniziativa della Leonardo Spa, azienda italiana attiva nel settore aerospaziale e in quello delle armi, nel cui Consiglio di Amministrazione siede l’uscente Presidente della CRUI, nonché Rettore del Politecnico di Milano, Ferruccio Resta.
La CRUI sotto le mentite spoglie della promozione dello sviluppo del sistema universitario, continua a funzionare sostanzialmente come un’associazione privata che fa gli interessi dei suoi componenti e che ha il potere di operare tanto a livello nazionale quanto internazionale. È senz’altro grave quindi che, ad un organismo di questo tipo, venga riconosciuto un ruolo di rappresentanza dell’intero sistema nazionale universitario. Ad oggi in realtà ci troviamo ad affrontare la paradossale situazione nella quale qualsiasi altro organo consultivo del MUR a parte la CRUI è svuotato del riconoscimento del portato di rappresentatività delle varie componenti del Sistema Universitario. Primo fra tutti il CUN (Consiglio Universitario Nazionale) con le competenze riconosciutogli dalla L. 18/2006, si configura come un organo meramente consultivo, molto distante dal luogo di respiro nazionale ove il Sistema universitario si coordina e si autogoverna.
Inoltre, durante il periodo di elaborazione della “Riforma Gelmini”, in particolare, la CRUI nel suo complesso ha finito per tenere una posizione che ha avallato il processo di ipervalutazione e asservimento del sapere all’industria, risultando molto influente nella determinazione degli elementi distintivi degli assetti generati a fine 2010. Mentre chi si opponeva alla deriva berlusconiana dell’università già leggeva le conseguenze drammatiche della Riforma, (dal blocco della possibilità di assumere, alle difficoltà nell’erogazione dei servizi relativi al diritto allo studio fino alla possibile espulsione di una generazione di precari dalle attività di ricerca), nell’impianto legislativo definitivo venivano salvaguardati precisamente gli interessi di cui la CRUI si era fatta portavoce tra cui il potenziamento del ruolo dei rettori e l’accentramento di potere negli organi centrali di governo degli atenei a scapito dell’autogoverno e della centralità dei bisogni delle sue propaggini periferiche.
Si tratta ovviamente dello stesso periodo nel quale ricordiamo come la ministra Gelmini abbia ritardato per mesi la prima convocazione del CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari), eletto a maggio , nominato formalmente solo a giugno e convocato per la sua prima seduta a fine ottobre, attuando un’attenta operazione di delegittimazione dell’organo nella stessa fase in cui, a livello nazionale, l’Onda di studentesse e studenti lottava contro il de-finanziamento programmatico dell’istruzione pubblica, contestando ogni parte di quella riforma.
Nell’estate del 2021 come ben sappiamo sono stati stanziati 31,9 miliardi di euro del PNRR per l’Istruzione e la Ricerca. All’interno delle manovre di attuazione del PNRR rientra anche la conversione in legge del decreto PNRRbis, oggi L. 79/2022 che riforma le procedure di reclutamento dellə precariə della ricerca. Le grandi novità della “riforma” consistono nella sostituzione degli assegni di ricerca con i cosiddetti “contratti di ricerca”, che sono contratti di lavoro subordinato, con tutte le corrispondenti tutele, che da una parte sicuramente rappresenta un avanzamento dal punto di vista dei diritti dellə precariə della ricerca; e nell’accorpamento delle figure a tempo determinato RTD-A e RDT-B in un’unica figura RTT (Ricercatore Tenure Track).
Bisogna però sottolineare come questi nuovi contratti ovviamente costino di più e che non solo per l’attuazione della riforma non è stato previsto un incremento dell’FFO, ma è proprio la legge a vietare esplicitamente agli atenei una spesa superiore alla media degli ultimi tre anni per questi nuovi e più costosi contratti di ricerca.
Il risultato è che delle attuali 15.300 assegnistə, almeno un terzo rischia l’espulsione, un’altra quota consistente sarà declassata verso le borse per attività di ricerca prive di ogni tutela, o verso contratti di collaborazione occasionale.
In tutto questo la CRUI nel novembre 2021, in seguito allo stanziamento dei fondi del PNRR, ha organizzato un incontro dal titolo “Università: per un Paese a prova di futuro” finalizzato al confronto tra l’Università, le istituzioni e Confindustria, al quale era presente anche l’ex Ministra del MUR, Maria Cristina Messa. Per l’occasione è stato anche redatto un documento dalla CRUI nel quale si afferma di voler fare una disamina sull’attuale stato di salute delle Università italiane ed individuare dei parametri cardine in base ai quali rimodulare l’Università. Tra questi parametri abbiamo un’innovazione della didattica fondata su processi professionalizzanti realizzabili attraverso un contatto più stretto con il mondo del lavoro; l’innovazione della ricerca basata sull’elezione di poli da ergere a centri di iper-specializzazione finanziati attraverso, citando testualmente, “procedure selettive fondate sul merito scientifico”; sistemi di reclutamento più rapidi, con responsabilità in capo alle direttrici e ai direttori dei Dipartimenti e dei Consigli di amministrazione con controllo ex post da parte dell’ANVUR e del MUR per l’assegnazione delle risorse premiali e dulcis in fundo minimizzare i vincoli dei livelli di autonomia operativa per le governance di ateneo.
Non è un caso dunque che fin dall’inizio della discussione nelle Camere della conversione in legge del decreto PNRRbis la CRUI abbia appoggiato i principali contenuti della riforma, nonostante le conseguenze della stessa sullə precariə della ricerca.
Insomma anche in questo mandato la CRUI non si è risparmiata nel dare il suo contributo verso un’ulteriore aziendalizzazione delle Università e un rafforzamento della governance d’ateneo in capo ai soli rettori. I pareri forniti al MUR, che ormai hanno un peso nettamente superiore rispetto a quelli di qualsiasi altro organo consultivo, regolarmente e appositamente eletto, hanno ancora una volta contribuito ad un’azione di riforma di una parte dell’accademia in senso peggiorativo per chi poi l’accademia la compone.
Ancora oggi la CRUI continua ad operare come organo consultivo del Ministero esprimendo pareri favorevoli su provvedimenti riguardo l’Università che vanno puntualmente a discapito del resto delle componenti della comunità accademica e qui arriviamo alla CRUI per come la conosciamo oggi.
Il 31 Dicembre termina il mandato triennale dell’attuale Presidente della Conferenza, Ferruccio Resta.
Ferruccio Resta ha conclamati legami sia con la Leonardo Spa che con Enel: è membro del Consiglio di Amministrazione della prima e della Fondazione Enel.
La prima è la principale azienda italiana per export di armi, il cui maggior azionista è il Ministero dell’Economia italiano e che dall’inizio della guerra in Ucraina ha fatturato 74 milioni di euro netti in più rispetto all’anno precedente; la seconda è dotata di impianti tra i più inquinanti in Europa e che da dopo lo scoppio della guerra in Ucraina ha deciso la riapertura di cinque delle proprie centrali a carbone.
All’alba delle elezioni del prossimo Presidente della CRUI, con l’attuale candidato, Salvatore Cuzzocrea, rettore dell’Università di Messina, parte del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Farmacologia che collabora da anni con Farmindustria per attività di ricerca, bisogna forse chiedersi cos’altro aspettarsi dal prossimo mandato.
L’impronta aziendalistica che caratterizza storicamente la CRUI si manifesta ancora una volta con questo cambio di presidenza ed è sintomatica di una dirigenza privatistica del sistema universitario nazionale mirante esclusivamente a svendere i saperi al tessuto aziendale, a formare ingranaggi e non menti critiche, fino ad arrivare allo svuotamento antidemocratico di senso e di potere politico degli organi di rappresentanza nazionali regolarmente eletti, svilendo tutte le componenti dell’Università a favore di una sola, quella più potente. Un modello di decisionalità a cui ci opponiamo nettamente.
Pretendiamo che a decidere sull’università siano tutte le sue componenti, inserite in un sistema universitario nazionale libero dalla sovradeterminazione dei rettori-padroni, in cui gli Atenei siano finanziati indipendentemente dalle valutazioni in capo all’ANVUR al fine di garantire il diritto allo studio nei vari servizi in cui si articola per tuttǝ lǝ studentǝ.