Un altro mattone nel muro: è questo lo slogan che abbiamo deciso di scegliere.
Another brick in the Wall infatti è una canzone di protesta scritta dai Pink Floyd contro la rigida istruzione che non incentiva la conoscenza critica e la creatività, a vantaggio di un becero nozionismo degno di quella che può essere definita “università azienda“.
Ogni giorno veniamo trattati come contenitori da riempire attraverso lezioni frontali e da svuotare al momento di ogni singolo esame.
Noi non ci stiamo, noi “non abbiamo bisogno di controllo mentale“, noi dobbiamo essere messi nelle condizioni di costruire relazioni a discapito della competitività, di vivere l’università non come luogo fisico, ma in quanto spazio attraversato dai saperi, mettendo come punto cardine la “cittadinanza studentesca“, e cioè la possibilità di vivere attivamente la città in cui ci ritroviamo a studiare per diversi anni.
Noi “non abbiamo bisogno dell’istruzione“, o meglio, di questa istruzione legata ad unsistema didattico che ci rende soggetti passivi e non attivi, che non ci rende curiosi, ma che ci lascia solamente con tante sterili certezze non confutabili.
In questo grande muro fatto di contraddizioni e costruito seguendo un preciso progetto politico, lo sbarramento all’accesso non è “solo un altro mattone nel muro“, ma è proprio uno dei mattoni portanti.
Il numero chiuso è un attacco tout court al diritto allo studio di tante e tanti e mette a rischio il futuro del sistema sanitario e culturale dell’intero Paese.
Rifiutiamo il sistema del numero chiuso perché:
- Non è un criterio oggettivo di valutazione in quanto non può assicurare che lo studente ammesso risulti effettivamente valido nel suo percorso di studi, basandosi su una sterile verifica di conoscenze pregresse e dando vita a discriminazioni legate all’ambiente culturale di provenienza.
- E’ lesivo della libertà di scelta dello studente, che non può pianificare il proprio futuro: si trova arbitrariamente tagliato fuori dal percorso di studi ed è costretto a ripiegare su “seconde scelte”.
- Risponde alla concezione di una università come privilegio di pochi: la selezione è strettamente connessa all’ambiente socio-economico di provenienza perché impone costi troppo alti per l’iscrizione ai test per gli studenti, che sono costretti ad avanzare più “tentativi” in diversi corsi.
- È connesso alla crisi profonda dello stato sociale, andando a minare le basi della sanità pubblica: nel 2018 è stimata la carenza di 22000 medici rispetto al numero necessitato nel nostro paese. La situazione è ulteriormente aggravata dalla chiara insufficienza del numero delle borse di specializzazione, che abbandona alla disoccupazione un numero ingente di laureati in medicina.
“Domani, 1 aprile, faremo delle azioni lungo via Zamboni – dice Francesco Demitry, portavoce di LINK Bologna – e ci opporremo alle politiche del governo che preferisce versare i fondi alle scuole private piuttosto che a quelle pubbliche, salvo poi usare l’antifona del “non ci sono soldi, le strutture non sono adeguate, ecc..”.
“Le barriere all’accesso – continua Irene Ricciuti di LINK Bologna – sempre più stringenti ed inique mostrano lo stato di crisi di una università pubblica che acquista un profilo aziendalistico ed elitario”.
“Non possiamo accettare questo sistema – dichiara infine Federico Nolasco, responsabile dell’organizzazione LINK Bologna – che peggiora le condizioni di una generazione che si trova in una condizione di precarietà esistenziale, costretti in un futuro buio e incerto”.
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