In questi giorni si torna a parlare, dopo tanto, forse troppo tempo, dello Statuto della Sapienza, rimandato indietro dal Miur perchè giudicato non in regola in molti punti con quanto previsto dalla L 240. Il rinvio dello Statuto ha dato inizio a un dibattito sterile che, come al solito, invece di entrare nel merito della questione, si è incentrato su strumentali semplificazioni e ridicoli politicismi.
Sin dal 2010 noi abbiamo denunciato l’attacco che avrebbe subito la Sapienza in seguito all’approvazione del nuovo Statuto, in cui Frati andava ad inserire (prima ancora che di riforma Gelmini si iniziasse a parlare) alcuni cambiamenti rilevanti: gli accorpamenti di Facoltà sulla base di logiche di potere e baronali, il depotenziamento del Senato Accademico in favore di un Consiglio di Amministrazione ristretto, in cui venivano lasciati entrare i privati e veniva diminuita drasticamente la presenza della rappresentanza studentesca, lo svuotamento dei luoghi di rappresentanza tradizionali, lo spostamento delle competenze sulla didattica ai dipartimenti, dove spesso i rappresentanti degli studenti non ci sono o sono eletti con criteri antidemocratici (in alcuni casi possono essere eletti solo laureandi magistrali, in procinto quindi di terminare il proprio percorso universitario lasciando così scoperta la propria carica).
Il gioco portato avanti nel 2010 da Frati era piuttosto chiaro: da una parte anticipare nello Statuto ciò che poi avrebbe imposto la Legge Gelmini (approvata un anno dopo, ma già diffusa come ddl), dall’altra provare a ricavare già nel suo Statuto degli spazi di autonomia rispetto a quanto poi predisposto dal Miur. Tale progetto, non solo era noto a quasi tutte le componenti dell’università, ma ha visto anche l’appoggio, più o meno silente, di molte di esse. Approvata la Legge Gelmini, nonostante la grandissima opposizione a quel progetto di riforma che proprio nella Sapienza ha visto migliaia di studenti e di studentesse scendere nelle piazze, occupare i monumenti, bloccare i binari e le tangenziali, per Frati è stato semplicissimo adattarne lo Statuto. Semplice dal punto di vista tecnico (tanto l’aveva già fatto a immagine e somiglianza dell’allora ddl Gelmini) e morale. Chi se ne frega se metà delle facoltà della Sapienza sono state occupate in autunno proprio contro quel modello di università, chi se ne frega se i ricercatori avevano smesso di fare lezione per protestare contro la Riforma o erano saliti sui tetti, chi se ne frega se Roma è stata più volte bloccata da cortei oceanici di studenti che chiedevano di essere ascoltati! Il rettore non ha voluto aprire un percorso pubblico, democratico e partecipato per la riscrittura dello Statuto (come noi chiedevamo) e si è ben guardato dal creare momenti di confronto reali con le componenti dell’università.
Nonostante tutto questo, su un punto vogliamo però essere chiari: troviamo ridicolo chi oggi si schiera dalla parte di Profumo e del Ministero pur di attaccare Frati e festeggia per il rinvio dello Statuto. Attaccare Frati non significa indiscriminatamente schierarsi dalla parte dell’università pubblica e degli studenti, anzi! La richiesta che viene infatti fatta in questo momento alla Sapienza dal Miur e da Profumo è più Gelmini, ovvero una maggiore conformità dello Statuto al testo della L 240 (appunto la riforma Gelmini). Questa posizione, strumentale quanto ridicola, è ancora più paradossale se portata avanti proprio da coloro che fino a pochi mesi fa dicevano di essere dalla nostra parte in difesa dell’università e della ricerca.
Ci fa altrettanto sorridere però chi, per lo stesso ragionamento strumentale quanto politicista, adotta una difesa tout court del Rettore contro il Ministero, difendendo uno Statuto che di per sè è concepito per rendere la Sapienza un luogo sempre più asservito a interessi privati e dove gli studenti non possano trovare spazi di partecipazione. Associazioni che oggi prendono parola in clamoroso ritardo in difesa dell’università, mentre quando era davvero necessario battersi per la salvaguardia della democrazia e del carattere pubblico dell’università e della ricerca erano impegnati ad organizzare tornei di calcetto. Che oggi dicono di avere a cuore la rappresentanza e la democraticità dell’ateneo ma quando si trattava di scendere in piazza contro lo Statuto prima e il ddl Gelmini poi, che proprio la rappresentanza andavano a colpire con forza, erano troppo impegnati a organizzare le settimane bianche per gli studenti o i viaggi a Perugia per la festa del Cioccolato. Addirittura, attaccano i giornali dicendo che stanno ledendo all’immagine e al decoro della nostra università, senza rendersi conto che chi danneggia ogni giorno il nostro ateneo è proprio chi si piega a un sistema di potere e lo difende, chi preferisce vendere il proprio appoggio in cambio di qualche poltrona o qualche progetto in più, chi dice di stare dalla parte degli studenti ma poi non si è mai fatto vedere nelle piazze che gli studenti e le studentesse hanno costruito in questi anni.
A noi nulla interessa dello scontro fra Frati e Profumo e fra i sostenitori dell’uno e dell’altro. Noi avevamo già scelto due anni fa da che parte stare e da quella parte ci siamo sempre rimasti. Noi stiamo dalla parte dell’università pubblica, della democrazia, della partecipazione, della trasparenza e continueremo a lottare contro tutto ciò che ogni giorno prova a negare o a cancellare anche soltanto uno dei nostri principi.
Proprio per questo auspichiamo che, visto che ora si riapre la partita nel merito dello Statuto, le nostre proposte possano essere prese in considerazione e si possa finalmente aprire una nuova fase di confronto pubblico e partecipato. Chiediamo, fra le tante cose:
- scelta collegiale dei membri esterni del Consiglio di Amministrazione, anziché delegare la scelta (oltre che la nomina, come comanda la legge) al Rettore;
- che i membri esterni del C.d.A. siano selezionati fra esponenti di enti e associazioni di promozione sociale o culturale, rigorosamente no profit
- istituzione di un consiglio degli studenti che riunisca la rappresentanze studentesche di Ateneo, che abbia parere vincolante sulle questioni legate alla didattica e che possa presentare al Senato e al CdA mozioni e interrogazioni;
- istituzione del referendum studentesco come strumento democratico di proposta o ratifica di alcune particolari questioni;
- commissioni paritetiche docenti-studenti da inserire in ogni organo collegiale: la legge dice che i rappresentanti degli studenti negli organi devono essere “almeno” il 15% della composizione, perciò noi pretendiamo il 50%;
- bilancio partecipato: una forma di partecipazione diretta dei cittadini alla vita della propria città, in cui ciascuna componente della comunità trova cittadinanza. Vogliamo estenderlo pertanto alla comunità universitaria come una risposta di trasparenza agli sprechi dovuti ai sistemi clientelari o al baronato;
A differenza di chi oggi si improvvisa difensore della democrazia e del buon nome dell’università per poi sparire nel nulla, Link Sapienza porterà avanti con forza come sempre la battaglia per un ateneo governato nell’interesse di tutti e il più possibile aperto alla partecipazione e al contributo degli studenti e delle studentesse.
Link Roma La Sapienza