Ogni anno che passa accedere all’università e continuare gli studi si rivela un’impresa sempre più ardua. In barba all’articolo 34 della Costituzione, che garantisce ai capaci e meritevoli la possibilità di accedere ai più alti gradi degli studi, l’attuale maggioranza approva tagli ai fondi per il diritto allo studio e, tramite la riforma Gelmini, introduce una falsa meritocrazia che privilegia chi è ricco, impedendo di fatto a sempre più ragazze e ragazzi di iscriversi ad un corso di formazione superiore.
Così l’Università diventa sempre più un luogo riservato ai ricchi, anche perché con le manovre finanziarie del 2010 e la Legge di Stabilità 2011 il Governo ha tagliato del 94% (in tre anni) il fondo per le borse di studio, portandolo dai 246 Milioni di euro del 2009 a 13 Milioni nel 2012, con il risultato di cancellare il contributo dello Stato agli studenti meno abbienti.
Anche per quest’anno si stima che soltanto la metà degli aventi diritto percepirà realmente la borsa di studio che gli spetterebbe. Se a questo si aggiunge la situazione di crisi generale, si capisce come diventa sempre più difficile pagarsi gli studi. Nell’anno accademico 2011/2012, se si sommano i fondi stanziati dal Governo, che arriveranno al massimo a 100 milioni di euro e dalle Regioni (circa 90 Milioni), saranno gli studenti a pagare la maggior parte degli oneri legati ai benefici del diritto allo studio, tramite le tasse regionali che paga ogni iscritto ad un ateneo di quella regione: si stima in 270 milioni di euro l’ammontare complessivo delle tasse sul diritto allo studio per quest’anno accademico.
Arriviamo quindi ad un paradosso per il quale, sono gli stessi studenti i primi finanziatori di un diritto che dovrebbe essere lo stato a garantire, questo anche a seguito degli aumenti delle tasse regionali per il diritto allo studio, solo nel Lazio la tassa quest’anno è aumentata di 100 euro per tutti gli studenti.
D’altro canto il ministro risponde a queste accuse con lo strumento dei prestiti d’onore, cioè con prestiti bancari che lo studente dovrà restituire al termine della propria carriera; questo tipo di provvedimento genera indebitamento già durante il proprio percorso di formazione, addossando molto spesso a futuri precari l’incombenza di dover restituire quanto percepito per potersi laureare. È chiaro che l’intenzione è quella di creare un’università sempre più classista, allargare la forbice fra ricchi e poveri e distruggere il ruolo primario di appianamento delle diseguaglianze che aveva la formazione scolastica e universitaria.
Inoltre lo strumento dei prestiti d’onore molto utilizzato negli USA, ha dimostrato tutte le sue problematiche, basti pensare che nel 2009 gli studenti statunitensi si sono laureati con un debito medio di 24mila dollari e che secondo gli analisti americani ad oggi solo il 40 per cento degli studenti laureati è in regola con i pagamenti, gli altri o hanno chiesto una proroga o non pagano.
Vi sono però ulteriori problemi per una nuova matricola, appena iscritta all’università, infatti in seguito ai limiti di spesa imposti alle amministrazioni locali dal Patto di Stabilità, le Regioni non potranno spendere la gran parte dei fondi propri stanziati per il diritto allo studio; in questo modo verranno colpiti servizi fondamentali come le case dello studente o gli alloggi studenteschi e le mense, gli sconti sui trasporti in un quadro generale che rappresenta lo smantellamento del diritto allo studio in Italia.
Il ministro Gelmini nel tentativo di coprire i tagli, si nasconde dietro alla retorica del merito e dell’efficienza, prevedendola costituzione di un fondo per il merito che, senza tenere conto del reddito degli studenti, premi chi risulta più bravo ad un test nazionale, o chi ha la media degli esami più alta.
Questa operazione, assolutamente mediatica con la quale il ministro vuole fregiarsi della coccarda della meritocrazia, risulta iniqua e discriminante, non è possibile infatti valutare nessun merito se non si parte tutto dallo stesso livello di partenza! Il ministro ha stanziato 30 Milioni per questo fondo e sta preparando un decreto per rendere attuativo un provvedimento contenuto nella riforma universitaria, che trasforma parte delle borse di studio in prestiti, trasformando di fatto una borsa di studio erogata a seguito di un test nazionale che dovrebbe valutare le capacità di uno studente in un prestito da restituire al termine degli studi.
Per questo, LINK-coordinamento universitario, che si è battuto contro i tagli e contro la Legge Gelmini, in difesa di un’università pubblica dove chiunque, indipendentemente dalle proprie condizioni economiche e sociali, potesse ricevere una formazione libera e critica, ha dedicato al Diritto allo Studio una parte consistente dell’AltraRiforma, il progetto di riforma dal basso dell’Università Italiana. Di seguito alcune delle molte proposte avanzate:
1) Copertura totale delle borse di studio, mediante uno specifico fondo statale erogato alle Regioni, questo stanziamento dovrà comprendere il reintegro dei tagli contenuti nella legge di stabilità 2011. In questo modo si metterebbe fine all’assurdità degli “idonei non beneficiari”. In seguito è necessario ampliare la platea degli aventi diritto.
2) Istituzione di convenzioni sui trasporti per gli studenti per rendere gratuiti da subito i trasporti urbani nelle aree municipali universitarie, senza distinzione tra residenti e non residenti, e per ridurre al 50% il costo dei trasporti extraurbani in tutte le regioni per i pendolari, per poi arrivare gradualmente alla gratuità totale della tratta casa-università entro 4 anni.
3) Abolizione del prestito d’onore e di ogni forma di sostegno al diritto allo studio che preveda l’indebitamento degli studenti. In particolare in questo contesto di carenza di finanziamenti sul diritto allo studio riteniamo che l’incentivazione del merito vada perseguita con opportunità di formazione di qualità e non con “mance” e erogazioni monetarie.
Permettere a tutti l’accesso all’università significa riconoscere il sapere come un bene comune, difendere i diritti sanciti dalla Costituzione, permettere alla nostra generazione di formarsi in modo critico. Tutti gli altri Paesi europei garantiscono finanziamenti molti più elevati per il diritto allo studio, fornendo servizi di alta qualità in un contesto dove le tasse universitarie spesso sono dell’ordine di poche centinaia di euro. Le scelte che hanno condotto alla distruzione di un sistema di diritto allo studio in Italia non sono cadute dal cielo, non sono scelte obbligate dalla crisi, ma sono scelte politiche precise, che vanno nella direzione di privatizzare e rendere sempre meno accessibile l’università.
Per rispondere a tutto questo scenderemo in piazza e faremo sentire la nostra voce. Non lasceremo che la nostra generazione assista alla fine di una formazione pubblica in Italia. Ora farete i conti con noi!