Il 16 marzo la VII commissione della Camera ha dato il proprio parere circa lo schema di decreto delegato sulla riforma del reclutamento, chiedendo numerose modifiche, recependo molte delle numerose richieste che avevamo inviato alla Commissione. La prossima tappa sarà l’approvazione del decreto da parte del Governo.
Il nuovo sistema consiste in un concorso pubblico a numero chiuso, su base regionale, con cadenza biennale, cui possono accedere tutti coloro che sono in possesso di una laurea magistrale, magistrale a ciclo unico, diploma di II livello di alta formazione artistica, musicale e coreutica, o titoli ad essi equipollenti; dei CFU previsti dalle diverse classi di concorso; di 24 CFU in materie psicologiche, pedagogiche, antropologiche e didattiche. Superato il concorso – che consiste in due prove scritte e una orale – si accede al corso, retribuito (poco), di durata triennale, alla fine del quale vi sarà una valutazione, che, se superata positivamente, darà accesso al ruolo.
Il primo anno di corso consiste in un diploma di specializzazione in pedagogia e didattica, composto da lezioni, seminari, laboratori e tirocini nelle scuole (il tutto a tempo pieno), per un totale di 60 CFU, e al termine del quale viene riconosciuta l’abilitazione all’insegnamento. Il secondo e il terzo anno di corso – ai quali si accede rispettivamente dopo aver ottenuto il diploma di specializzazione e dopo una valutazione intermedia alla fine del secondo anno – si svolge come tirocinio in classe nella scuola interessata nelle supplenze e nei posti vacanti, pur dovendo conseguire 15 CFU nel secondo anno e 5 CFU nel terzo nell’ambito dell’innovazione e della sperimentazione didattica.
Al termine del terzo anno di corso una commissione composta dal dirigente scolastico, da docenti universitari e dai tutor scolastico e universitario del contrattista valutano la crescita e l’operato del candidato e, in caso di esito positivo, ne stabiliscono l’immissione in ruolo. I contrattisti che non superano la valutazione finale possono tuttavia provare ad accedere nuovamente al concorso e, in caso di superamento, accedere alla parte residuale del corso.
Fra i prerequisiti compariva anche una certificazione di competenza linguistica di livello B2 di una lingua straniera, eliminata in seguito alle nostre richieste, poi sostenute anche dal Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari: quest’ultimo requisito infatti non è quello attualmente richiesto ai laureati italiani e pertanto il suo conseguimento sarebbe risultato a carico degli studenti, andando così a penalizzare coloro che non possono permettersi di frequentare corsi alternativi, spesso molto costosi.
Guardiamo con favore la proposta del parlamento che istituisce una forma di tutela che permetta agli studenti che decideranno di acquisire, in forma curricolare o extracurricolare, i 24 cfu in materie didattiche, pedagogiche e antropologiche durante il percorso di laurea di non avere aggravi economici. Riteniamo positiva inoltre la proposta di introdurre di nuove graduatorie regionali, che possano permettere la graduale assunzione di tutti gli abilitati II fascia, come forma transitoria prima dell’attivazione del nuovo sistema nel 2018, data che il parlamento, in linea con le nostre richieste, anticipa rispetto alla scadenza iniziale.
Ribadiamo tuttavia la presenza di altre criticità sulla proposta: ancora non sono stati definiti con chiarezza i settori scientifico-disciplinari entro i quali dovrebbero essere acquisiti i 24 cfu in materie psicologiche, pedagogiche, antropologiche e didattiche; inoltre non in tutti gli atenei l’offerta formativa prevede corsi attivi in queste materie. Attualmente è quindi impossibile per chi sta terminando il proprio percorso accademico acquisire questi crediti e dunque ci sembra opportuno che questo prerequisito non venga richiesto almeno per il concorso del 2018.
Per di più molti saranno costretti ad acquisirli fuori dal percorso universitario, spesso pagando cifre molto elevate agli atenei. Chiediamo che il prezzo di questi cfu sia regolamentato così da non gravare sulle tasche degli studenti.
E’ poi necessario aprire centri interateneo che possano erogare gratuitamente, a tutti gli studenti interessati, i 24 CFU di prerequisito, che, con i successivi 56, previsti nel corso dei tre anni successivi, devono costituire piani di studio coerenti.
Infine circa la retribuzione nei tre anni di corso, il parlamento, in linea con quanto abbiamo richiesto, ritiene necessario incrementare i fondi a disposizione: i fondi ora stanziati permetterebbero una retribuzione non superiore a 400 euro lordi mensili per i primi due anni, una retribuzione del tutto insufficiente per vivere in autonomia, spesso spostandosi in altre regioni e città. Su questo aspetto chiediamo un fortissimo aumento dei soldi a disposizione. Sempre al fine di garantire una vita dignitosa, in sede di contrattazione nazionale collettiva, sarà necessario prevedere ai tirocinanti i diritti di tutela dei periodi di malattia e gravidanza.
Non appena questo decreto sarà legge le università dovranno adeguarsi garantendo a tutte e tutti il diritto allo studio per diventare insegnanti, noi siamo pronti a mobilitarci e organizzeremo presto assemblee in tutti gli Atenei!
#IoVoglioInsegnare!